Una rete per le idee che vengono dal mare

Una rete per le idee portate dal vento

Perché si scrive? Una domanda dalle mille risposte. Si scrive per piacere, per scaricare le proprie tensioni, per evadere dal mondo, per incarnare cento personaggi diversi e diventare uomini, donne, bambini o bambine, sacerdoti, poliziotti, medici, assassini, ladri, insegnanti, santi, eroi o prostitute. E così facendo si sperimentano le parti di noi che sono presenti, il più delle volte sopite, in noi. Si scrive per dar sfogo alla propria fantasia e alla propria creatività. Si scrive a un amico, un fratello, un genitore, all’amata o all’amato lontano, e si fa con il cuore o con il dolore, con la gioia o la rabbia. Si scrive per analizzare se stessi e gli altri, per prendere le distanze, per protesta, per denuncia o per affermare le nostre idee. Ma si scrive anche per raccontare i mille romanzi che la vita ci ha narrato con il vivere quotidiano, romanzi che giacciono sopiti nella nostra mente e che all’improvviso tornano alla memoria e urgono. Si scrive per cercare di comprendere il senso della nostra vita. Si scrive per narcisismo o per egocentrismo o per dar voce ai nostri pensieri, per rimarcare i nostri valori, per migliorare il mondo o peggiorarlo. E si scrive per non morire. È l’atto dello scrivere, così come altre forme artistiche, che lasciano un segno indelebile del nostro passaggio sulla Terra e continueranno a far vivere l’uomo scrittore anche dopo la sua morte. Ed è così che prima nascono le storie da lasciare ai figli e poi quelle per i nipoti che già immagini, più grandicelli, con il libretto di poesie stampato in copisteria in venti copie su carta pergamenata, a domandare con gli occhi lucidi di sorpresa: «Ma questo l’ha scritto la nonna?». Qualcuno allora spiegherà loro che sì, il nonno o la nonna scrivevano e avevano partecipato anche ad alcuni concorsi e le risposte, alle domande che seguiranno inevitabili, sveleranno loro cose inedite di noi. Per non parlare dei racconti che forse lo scrittore in erba oserà leggere ad alta voce agli amici o, per i più temerari, dei romanzi che darà in pasto a un pubblico più vasto. Conoscevo un falegname, un uomo semplice con una cultura minima di base, ma non privo di talento. È morto da molti anni ormai. Firmava i mobili che realizzava, incidendo il nome e il cognome sul legno. Ho in casa alcuni dei suoi lavori. Inevitabilmente il ricordo va spesso a lui.

Marco Rodi