Scrivere per comprendere

Categoria: Attualità

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte Terza

Principi generali che sottendono il processo di innamoramento

Genitori e nonni riuniti per il compleanno della nipotina
Foto di Ivan Samkov – Pexels

Dunque, passeggiando un po’ all’interno della psiche umana abbiamo potuto notare che l’attrazione per l’altro e il conseguente innamoramento sono condizionati sempre dalla nostra famiglia d’origine. Da questa traiamo esempio e spunto per creare il nostro nucleo domestico (regola generale).

La scelta avviene caso per caso sulla base della propria esperienza e sul modo in cui abbiamo vissuto tra le mura domestiche (regola particolare/scelta individuale, libera solo in apparenza). Le diversificazioni sono moltissime e per esse non si può dettare una linea guida. Possiamo però indicare tre tipi di comportamenti: in accordo, in opposizione o misto. All’interno di ciascuna di queste tre linee troviamo di tutto.

In accordo, quando il soggetto cerca di riprodurre nella maniera più vicina possibile lo stesso nucleo familiare d’origine, per cui sposa in toto quel modello. In opposizione, in caso contrario, quando cioè il soggetto, che evidentemente non ha avuto un’esperienza positiva, cerca in tutti i modi di allontanarsi da esso nella costituzione della propria famiglia. Queste due scelte sono comuni, ma meno frequenti perché è nella soluzione intermedia che si raggruppa il maggior numero dei casi. Potremmo affermare che tali soggetti potrebbero avere un senso critico più spiccato, anche se sono perlopiù tutti moti inconsci; infatti quasi nessuno si accorge di quanto avviene negli strati più profondi della propria psiche.

Ma torniamo un attimo al nostro amico attratto in maniera diversa dalle due ragazze, Rita e Rosalba. Più da Rita, anche se meno bella di Rosalba.

Bene, quale potrebbe essere lo scenario? Il primo è che Rita ricambi e Rosalba finisca in secondo piano. Il secondo è che Rita appaia disinteressata alle avance del giovane, contrariamente a Rosalba che ne sembra molto attratta. Il terzo è che Rita e Rosalba non ricambino per niente, osservino il pretendente che, pur simpatico e vivace, non smuove in loro alcun interesse (mettiamo pure che il ragazzo sia un ragazzo normale, di aspetto comunque gradevole, quindi che non ci siano gravi condizioni ostative).

In definitiva sia in Rita che in Rosalba, di fronte all’uomo, scattano gli stessi meccanismi di cui abbiamo parlato fino ad ora. Entrambe, a livello inconscio, valutano il giovane per vedere se può essere idoneo a un loro personalissimo e inconsapevole modello familiare, in accordo, in opposizione oppure in modo misto. Cioè lo confrontano con il modello di partner idealizzato. È un tipo fico, muscoloso, sportivo e aitante come mio padre? È un dongiovanni che faceva tanto arrabbiare mia madre, ma che aveva affascinato anche me? Oppure è un uomo, magari un po’ noioso, dedito però alla famiglia? O è un uomo di successo che pensa ai soldi e alla carriera? E così via all’infinito, migliaia di possibili scelte, spesso combinate tra loro in un mix quasi inestricabile.

È in questo mare magnum di possibilità che il nostro povero giovane dovrà confrontarsi, ma vale anche per la ragazza e per qualsiasi coppia nel mondo.

Ragazzo con giubbotto di pelle nera e occhiali scuri, di notte, all'ingresso di un locale

Dunque ecco che gli affanni del nostro giovane amico, ma potrebbe essere di una qualsiasi età, sono orientati a farsi bello, interessante, intelligente o sbruffone o come gli pare, secondo un suo personalissimo modello di maschio attraente. Esattamente come il pavone o il tacchino o qualsiasi animale in cerca di accoppiamento, metterà in mostra le qualità che ritiene più spendibili. Ovviamente vale anche per quelle donne impegnate nella sottile arte della seduzione. Peccato che davanti a sé abbia due ragazze che forse hanno in testa, e sempre a livello inconscio, tutt’altro modello.

Foto di Ilyas Chabli – Pexels

Quindi di fronte al rifiuto o al disinteresse delle due ragazze, il giovane entra in crisi, una crisi esistenziale e subisce una svalutazione profonda di se stesso che, se prolungata nel tempo, potrebbe arrivare anche a conseguenze pesanti. Ma non è l’unica possibile reazione perché si può andare dal disinteresse più completo che spinge il giovane a un’alzata di spalle e a una risata, fino al massimo coinvolgimento emotivo dell’uomo che potrebbe scatenare reazioni anche violente o persecutorie nei confronti della donna che gli ha opposto un rifiuto.

È ovvio che ci sono dei modelli di uomini e di donne, prevalentemente indotti dal costume, che vanno per la maggiore e favoriscono tutti coloro che sono integrati nel sistema (e qui si aprirebbe un altro immenso capitolo). Tutti noi ne siamo condizionati, però la persona che conosce i meccanismi psichici profondi che ci condizionano, non si allarmerà più di tanto, rimarrà male di fronte al rifiuto perché è ovvio che sia così, ma saprà anche che dovrà rivolgere l’attenzione altrove fino a che non avrà trovato la combinazione giusta, cioè che i desideri di lei e quelli di lui siano compatibili, che non è detto che siano anche convergenti.

Non parliamo del caso disastroso in cui il nostro giovane amico sfoggi una maschera, sia cioè inautentico, e metta in evidenza un modo di essere che non gli appartiene.

Per concludere questa analisi, adesso possiamo azzardare qualche risposta, sempre senza la pretesa di essere esaustivi.

Quando una donna afferma con disprezzo che tutti gli uomini sono uguali o un uomo esclama che tutte le donne sono p…, è evidente che ancora una volta è scattato il meccanismo della scelta inconsapevole che orienta, per le ragioni descritte, una donna o un uomo sempre verso lo stesso tipo di partner. Capita così che una donna, nonostante le esperienze negative, sia attratta sempre verso un uomo che la farà soffrire.

Foto di Timur Weber- Pexels

La stessa cosa capiterà all’uomo alla perenne ricerca dello stesso modello, distruttivo per lui, di donna.

Per le stesse ragioni inconsce vediamo resistere tutta la vita insieme, e ci stupiamo, coppie lontanissime tra loro per aspetto fisico o per carattere. Per questo ci domandiamo “Come fanno quei due a stare insieme? oppure “Cosa ci troverà mai in quello/quella?”. Evidentemente, nonostante le differenze e talvolta anche il rapporto di coppia burrascoso, entrambi i coniugi hanno quel qualcosa di misterioso che serve all’altro.

Una trattazione a parte merita invece la domanda “Che cos’ha lui/lei che io non ho?”, quando ci troviamo in presenza di un tradimento. Invece la domanda più giusta da porsi sarebbe: “Quanto ha quell’altro/altra più di me?”. Infatti il meccanismo inconscio è sempre lo stesso e induce la persona non più appagata dal rapporto in corso a cercare un partner che abbia le stesse caratteristiche, magari più marcate, del partner attuale. Anche in questo caso la casistica è talmente varia che non ci permette che di dare un’indicazione generale.

Vale anche per la persona che non riesce a trovare l’anima gemella. La troverà; nell’immensità degli esseri umani c’è, esiste e magari è proprio in attesa di lei/lui. In tutti i casi comunque, una serie di sedute dall’analista potranno mettere in luce i bisogni più reconditi di ogni essere umano che verrà ascoltato e aiutato nella comprensione di se stesso.

Marco Rodi

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte Prima

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte Seconda

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte terza

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte Seconda

Principi generali che sottendono il processo di innamoramento

Due ragazze e un ragazzo sulla spiaggia e commentano un libro aperto
Foto di Ron Lach – Pexels

Bene, fatta la premessa, peraltro non esaustiva, entriamo nel merito e chiediamo a una qualsiasi persona che vive una relazione di coppia cosa del partner l’ha fatto innamorare.

Rimarrà stupito per la domanda e, dopo un attimo di riflessione, risponderà adducendo le motivazioni più comuni: è simpatico, bello, mi fa tanto ridere, ci parlo molto bene, mi capisce e via discorrendo. Ovviamente sono tutte motivazioni legittime e vere, ma non sono quelle vere vere; sono le più logiche e più immediate, quelle che risiedono nello strato più esterno del nostro cervello. Quelle reali sono un po’ più in fondo. Volete una riprova sulla verità di quanto ho affermato?

Eccola. Di fronte a due o più persone belle, simpatiche, intelligenti e che mi fanno tanto ridere, io non mi innamoro di tutte in ugual misura. Tra queste ce ne sarà una che più di altre catturerà la mia attenzione.

Ecco, è proprio su questa considerazione che dobbiamo riflettere. Dobbiamo cioè indagare noi stessi prima di indagare la persona che ci sta di fronte. Cioè devo chiedermi come quella persona mi suona dentro.

Quindi un altro esercizio che consiglierei è proprio questo: trovare le vostre motivazioni di superficie e subito dopo cimentarvi in un’immersione in apnea nello strato appena più sotto del vostro essere. Ovviamente chi ha già una relazione stabile può ugualmente mettersi alla prova. Con tutta probabilità avrà qualche sorpresa.

Interrogarci sulle vere motivazioni che ci hanno indotto a innamorarci del nostro partner è un’indagine non facile. Per muovere i primi passi dentro di noi dobbiamo fare riferimento alla nostra famiglia d’origine perché è l’UNICO ESEMPIO, l’unico modello che conosciamo a fondo. In esso ci siamo formati; di esso, come una spugna marina, ci siamo imbevuti e ne abbiamo assorbito, senza accorgercene, la mentalità, “la filosofia”, cioè il modo di comportarci, di pensare e di vivere l’intreccio delle relazioni. Nel bene o nel male è la nostra famiglia d’origine quella di riferimento. Non ne abbiamo avute altre di tale importanza.

Chi erano mio padre e mia madre, come si comportavano, come trattavano noi figli, qual era la relazione tra loro, che cosa succedeva quando c’erano dei problemi o delle soddisfazioni.

Soprattutto è indispensabile analizzare i pregi e i difetti dei genitori, le relazioni con i parenti più prossimi, con i datori di lavoro, con i vicini di casa, con gli amici ecc. L’elenco è lungo. Studiare questi particolari e sviscerarli con occhio distaccato è una delle chiavi per conoscerci. Ma dobbiamo essere obbiettivi. Soprattutto non dobbiamo ritrarci, ma dobbiamo scavare là dove avvertiamo una punta di dolore.

Padre e madre seduti su una panchina con bambino piccolo in piedi tra loro
Foto di Misho Cha – Pexels

Che cosa mi piaceva della mia famiglia e che cosa detestavo, quali erano le cose che mi facevano soffrire e quelle che mi facevano gioire. Come mi guardavano mio padre e mia madre; erano troppo severi? Lo erano il giusto o erano accondiscendenti? E in quale misura? Quanto mi valorizzavano o mi umiliavano? Il troppo, il giusto o il troppo poco. Ed io come reagivo? Quali erano le mie modalità di reazione o di adattamento?

Padre seduto in poltrona che rimbrotta il figliolettoe rimbrotta il figlioletto
Foto di August de Richelieu – Pexels

Un lavoro di analisi difficile – perché smuove emozioni, ricordi, sensazioni magari dolorose – che va condotto possibilmente con un distacco emotivo, senza pietà, senza nascondere la testa sotto la sabbia e senza enfatizzare. Buona norma sarebbe anche scrivere quello che viene fuori. La potenza della scrittura permette di valutare e di narrare come se fossimo dei terzi estranei. Facendolo prenderemmo le distanze da noi e dal nostro vissuto. Mille domande dunque che dobbiamo porci alternando sentimento a logica, molto meglio se aiutati da un professionista che con lo studio, l’esperienza e l’adattamento al soggetto, saprà offrire, attraverso un approccio maieutico, un ventaglio di possibilità, liberando la persona dall’idea unica, che spesso è la gabbia vera e propria dalla quale non si riesce a uscire, a vantaggio dei possibili rapporti interfamiliari. È un lavoro troppo importante per essere lasciato al caso, alla fortuità dell’incontro e all’emotività del momento, ne va ovviamente della vita di ciascuno. Efficaci relazioni tra compagni di vita sono il fondamento per un’esistenza priva di sopraffazioni, incomprensioni, ricatti e reciproche violenze.

Da tutte queste considerazioni può scaturire una valutazione forse inedita ma, di sicuro, più obbiettiva di noi stessi. Una valutazione che differirà da quella emotiva che abbiamo dentro di noi, quella più difficile da rimodulare, analiticamente parlando, perché impressa nella parte più intima di noi. Questa è quella che bussa più forte e che ci condiziona. È sullo scarto tra la valutazione razionale e quella emotiva che si giocano le scelte che possono correggere appena le attrazioni pulsionali. Perché noi, Freud ce lo insegna molto bene, negli anni della nostra crescita abbiamo accumulato tutta una serie di emozioni positive e negative che, con gli scarsi mezzi a disposizione e senza ancora un senso critico sviluppato, ci hanno inoculato l’idea della famiglia e del compagno ideale che vorremmo. In accordo o in contrapposizione (conseguenza/scelta relativa).

Quello che faceva mio padre lo rifaccio anch’io perché ho assorbito solo quel modello comportamentale e caratteriale. Quello che faceva mia madre lo condanno decisamente, oppure “Sì d’accordo, erano così ma…”. Ma anche “No, erano buoni genitori, tuttavia…”.

In ogni caso qualcosa d’insoluto dentro ciascuno di noi è rimasto: un desiderio, qualche sofferenza, forse dei traumi. La vita è così complessa, strana e imprevedibile che riserva continue sorprese; ci modula, ci rimodula e ci scava dentro e fuori.

Un’altra domanda da porsi è la seguente: è rimasto troppo amore per mio padre (Elettra) o per mia madre (Edipo)? È rimasto un amore/ammirazione tale da spingerci a cercare una persona con gli stessi difetti, se non addirittura più gravi, del genitore?

Da qui, proprio da qui, nasce la scelta, l’attrazione fatale.

Perché io sono attratto da Rita che è qui davanti a me e non da Rosalba, anche lei qui davanti a me ed è anche più bella di Rita? Che cos’ha di particolare Rita rispetto a Rosalba? Eppure io non conosco nessuna delle due e non so niente di loro, ma mi arriva qualcosa che loro mi inviano. In verità è il mio io più profondo che gioca e valuta. È il mio inconscio che ha fatto una selezione, ha visto un qualcosa che mi riporta a mia madre o alla vita in famiglia: atteggiamenti, carattere, sorriso, una mezza frase, una posizione, la forma della mano, il suo modo di parlare. E il mio inconscio ha deciso che sì, è Rita quella che… Ed è ancora drammaticamente il mio inconscio che “si è girato un film” su Rita perché, sorpresa tra le sorprese, Rita potrebbe non avere affatto le caratteristiche che mi garantiscono “il benessere assoluto per tutta la vita”. Sono io che l’ho immaginato per una serie di fortunate/sfortunate coincidenze e sarà il futuro a decretare il successo o l’insuccesso della mia fantasia. Adesso è il momento della sedimentazione; al prossimo incontro gli ulteriori approfondimenti.

Marco Rodi

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte Seconda

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte terza

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte Prima

Principi generali che sottendono il processo di innamoramento

Ragazzo e ragazza proni mano nella mano
Pexels – Foto di Leah Kelley

Mi è doveroso premettere che nelle pagine che seguiranno non ci saranno asserzioni assolute, ma principi generali. L’argomento è talmente vasto, complesso e articolato che solo un lavoro di analisi individuale presso un analista o uno psicoterapeuta potrà svelare ciò che effettivamente si cela nella psiche di un individuo desideroso di interrogarsi a fondo.

Cominceremo la nostra trattazione con una serie di domande molto comuni, talmente comuni da sembrare banali, per svelare cosa si nasconde dietro il sentimento più forte che tutti hanno provato almeno una volta nella vita: l’amore.

Che cosa succede quando scocca la famosa scintilla?

Perché, con amarezza e scuotendo la testa, si ode spesso dire dalle donne: “Tutti gli uomini sono uguali”? Oppure affermare con disprezzo da parte di un uomo che “Tutte le donne sono p…”?

Ma spesso ci stupiamo anche quando vediamo resistere tutta la vita coppie talmente eterogenee, per aspetto fisico o per carattere, che siamo indotti a esclamare: “Come fanno quei due a stare insieme? Oppure: “Cosa ci troverà mai in quello/quella?”.

E poi c’è la domanda delle domande, quella drammatica che scatena i sentimenti di frustrazione, di rivalsa, di odio, di disperazione o di rabbia quando ci troviamo in presenza di un tradimento o di un abbandono per la presenza di un altro: “Che cos’ha lui/lei che io non ho?”.

Ma tratteremo in parte anche l’aspetto della solitudine, quella che ci fa affermare: “Rimarrò sempre solo/sola” oppure “Non esiste la mia anima gemella”.

Per dare una risposta, ovviamente non esaustiva, data la complessità dell’argomento e le innumerevoli dinamiche in gioco, cercheremo di svelare in queste righe ciò che di misterioso si agita nelle profondità del nostro inconscio. In pratica quello che si muove dentro di noi, assolutamente sconosciuto a noi, che ci governa e ci manovra a nostra completa insaputa. In definitiva, in amore come in tutti i settori della nostra vita, noi non siamo affatto liberi, crediamo di poter scegliere, ma non è così perché tutto ciò che si intreccia nel nostro io e ci condiziona è sempre una combinazione di DNA, apprendimenti avuti dalla vita ed eventi casuali.

Faccio subito un esempio. La mia nipotina, 3 anni appena compiuti, molto bella e vivace, carattere deciso, bionda, occhi azzurri, ha spezzato il suo primo cuore. Un compagnuccio dell’asilo si è innamorato di lei. Le sta sempre intorno, la difende, dice a tutti che è fidanzato con lei e le ha regalato una collana fatta con ciucci di vari colori. Sì, i ciucci, i succhiotti, quelli che si danno ai bambini piccolissimi per farli dormire e che sono il surrogato del seno materno. Sorvolo assolutamente, anche se non dovrei, sul significato profondo del ciuccio (Freud, fase orale) e sul fatto che l’abbia usato come suo regalo all’amata.

È chiaro che il piccolo non ha alcuna percezione conscia di quello che è l’amore, ma prova e ha provato delle sensazioni e delle emozioni, associa cioè il ciuccio al benessere che vuole raggiungere e sposta la sua attenzione dal bene supremo dell’unità con la madre (il ritorno nell’utero, la pace primordiale) a una figura alternativa che gli ricorda la madre, attratto da mia nipote per i modi di fare, gli atteggiamenti o forse il solo aspetto fisico. Ovviamente, ma non è ovvio per niente, lei nemmeno se lo fila, come si direbbe in un gergo meno scientifico. Il bambino immagina, fantastica, associa e si illude tutto da solo.

In qualche altro asilo della città potrà verificarsi una situazione completamente opposta: una qualunque bambina innamorata di un compagnuccio ignaro e disinteressato.

Bambino e bambina seduti che parlano felici
Pexels- Foto di Roxanne Minnish

Già queste poche righe sono estremamente significative per certificare che l’attrazione e l’innamoramento sono processi naturali di cui alla nascita siamo già incompiutamente corredati. La consapevolezza verrà dopo, in parte e solo per coloro che amano indagarsi. Per il resto saranno i noti luoghi comuni che dureranno tutta la vita.

Ora farò alcune affermazioni che potranno giustamente essere contestate. Il lettore non le prenda come assolute perché non lo sono, sono casi e, data la varietà del genere umano, sono tantissimi, tutti diversi tra loro e altrettanto validi. Io ne cito qualcuno, ma quello che vorrei sottolineare è che è la regola generale ad essere assoluta, cioè il funzionamento della psiche umana. Sono le scelte individuali che ne conseguono ad essere relative. E cambiano caso per caso.

Il primo errore che tutti commettiamo è quello di immaginare, o meglio illuderci, che tutto il mondo di sesso opposto o, più in generale, quello verso il quale siamo orientati, sia un’immensità uniforme che non riesce a resistere al nostro fascino. Niente di più sbagliato. Non è così che funziona, anche se il desiderio di ciascuno è quello di essere riconosciuto e amato dagli altri, sempre nell’ottica del raggiungimento egoistico del bene assoluto per noi (l’unità primordiale).

Il secondo comunissimo errore è quello di ritenere che l’aspetto fisico di una persona sia determinante. Anche questo è sbagliato, sebbene una bella presenza favorisca in maniera considerevole e apra il primo potente cancello d’ingresso per catturare l’attenzione dell’altro. Se si è bruttini e insignificanti le cose si complicano, è ovvio, ma non di molto. Vedremo perché.

Il terzo comunissimo errore è quello di credere che tutti siano uguali a noi, abbiano i nostri gusti, pensino e si comportino esattamente come noi.

Tutto ciò si può riassumere nell’errore degli errori: ritenere che tutti gli uomini e tutte le donne del mondo siano uguali, cioè gli esseri umani siano, come dicevo prima, una massa uniforme e omologata.

Lo sappiamo benissimo che non è così ma, di fatto, ci comportiamo come se non lo sapessimo.

Questi errori portano a sorpresa, stupore, delusione, costernazione, incomprensioni e conflitti, difficoltà nei rapporti con gli altri, isolamento e così via fino all’infelicità totale e alla depressione. Ci stupiamo di fronte a reazioni diverse dalle nostre e a comportamenti che escono da quelli che riteniamo essere i canoni tradizionali, quelli dettati dal contesto sociale nel quale viviamo. E ci stupiamo anche se la persona sulla quale abbiamo posato lo sguardo non risponde al nostro interesse con un pari interesse, se non addirittura maggiore. Così nasce spontanea e devastante la domanda: “Com’è possibile che non si accorga di me? Eppure io sono così e sono cosà…”, facendo seguire alle parole un autoincensante elenco delle nostre qualità. Ma può anche capitare una reazione diversa, autodistruttiva, ma, ripeto, queste sono le conseguenze alla regola generale, cioè al funzionamento della nostra psiche,

Giunti a questo punto, c’è abbastanza materiale di riflessione. Suggerirei quindi al lettore di soffermarsi su quanto detto e di mettere a fuoco qualche idea. Nel prossimo articolo andremo a scoprire la regola generale. In psicologia occorre sempre fare sedimentare certi concetti.

Marco Rodi



I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte Seconda

I segreti (segreti, segreti) dell’amore – Parte terza

Il ruggito planetario della formica

Non si può rimanere che attoniti di fronte alle notizie di questi giorni. Solo chi conosce un po’ di psicologia e le tipologie caratteriali, ha capito subito l’impossibilità di dialogo con l’imperatore di turno. Le parole non servono con chi vuole a tutti i costi la rissa (in questo caso la guerra).

Ancora una volta si ripropone lo scenario che la storia ci ha insegnato. Conosciamo bene le conseguenze, conosciamo anche l’epilogo che è sempre lo stesso, si modifica un po’, ma tutti gli imperi nascono nella stessa maniera e nella stessa maniera si dissolvono. In genere con la morte dell’Imperatore, spesso nascosto in una buca, in un bunker o in un qualunque rifugio di fortuna. Talvolta è solo, talaltra in compagnia di pochi fedelissimi. Non si scappa da questo scenario. Eppure…

Eppure si ripete sempre, è insito nel genere umano. Gli insegnamenti non illuminano, né i popoli smettono di subire il fascino dell’uomo forte. A lui si affidano e a lui delegano un’estensione del proprio io con l’idea inconscia del io, attraverso te, divento un po’ come te. Tu mi rappresenti là dove io non arrivo a rappresentarmi.

Ogni dittatore ha il suo piccolo o grande regno: una famiglia, un reparto, un’azienda, uno stato, un impero. Su questo esercita la sua nevrosi: l’eccesso di potere, di violenza, di cinismo. Il problema è che, data la tenacia dell’uomo forte, la difficoltà è poi quella di liberarsi dall’oppressore. Pochi sono in grado di difendersi dall’uomo forte, visto come colui, o colei, che protegge, scelto proprio per la sua forza. D’accordo, difende dagli attacchi esterni, ma il difeso dovrà corrispondere con una sudditanza assoluta. Non ci sono ragioni che lo facciano desistere dal raggiungimento di un obiettivo, è un combattente, ama e si nutre dello scontro, non ha pietà e non si ferma davanti a nulla. I film sono pieni di storie con i veri cattivi che non muoiono mai. Alle volte, sempre nei film, tornano in vita anche dopo la morte per colpire di nuovo e per morire insieme al rivale. Questo rende bene l’idea della determinazione.

Il risultato dell’avere un capo come compagno di vita o superiore o governante è un cliché: il dittatore semina sofferenza e dolore. In un ambito più ampio, morte e distruzione.

I nostri tempi sono scanditi dalla comparsa di dittatori, non statisti, e dittatorucoli che ambiscono finire sui libri di storia. Chi rivuole la grande Russia, chi l’Impero Ottomano, chi la grande Cina, chi l’egemonia democratica sul pianeta, chi sogna il ritorno della Mesopotamia, chi il nazismo e così via, all’infinito, uno dopo l’altro. Ciascuno di questi sognatori provoca solo distruzioni, morti e dolori. E ogni volta si fanno proclami, sanzioni inutili, riunioni all’ONU con il solo risultato di emanare, a causa dei veti incrociati, inefficaci risoluzioni. E il mondo sta a guardare quando, invece, tutti gli stati dovrebbero contribuire alla costituzione di un esercito mondiale di polizia, capace di intervenire subito, reprimere e rimuovere dal potere, ai primi cenni di dittatura, il prepotente di turno. Ma così non è e per noi sono il clamore delle bombe e le immagini delle devastazioni e delle sofferenze.

Tanto rumore si spegne, però, e svanisce, se solo ci si alza un po’ in volo; bastano pochi chilometri per non accorgersi più di niente. Il mondo rimpicciolisce sotto il nostro sguardo e si incurva, e l’inutile frenesia umana scompare del tutto. In orbita intorno alla Terra possiamo ammirare il nostro bel pianeta, nei suoi bellissimi colori. È lì, silenzioso e tranquillo, è un’oasi di pace che ci infonde serenità e ci rallegra.

Ma noi vogliamo andare ancora più lontano, dunque aumentiamo la velocità del nostro vettore spaziale per correre velocissimi verso lo spazio infinito. La nostra Terra diventa sempre più piccola mentre noi ci inoltriamo sempre di più all’interno della Via Lattea, la nostra galassia, dove miliardi di stelle, pianeti, gas, polvere, radiazione e materia oscura, sono gravitazionalmente tenuti insieme.

Spazi sterminati, bui ma punteggiati di luci, verso i quali ci dirigiamo, si aprono di fronte a noi. Solo per un attimo ci voltiamo indietro e notiamo che la Terra ormai non esiste più. Ma noi vogliamo andare oltre. Molto oltre. Avremo tanta strada da percorrere e sappiamo che ci occorrerà l’immortalità e un tempo prossimo all’infinito per esplorare tutti i duemila miliardi (duemila miliardi!) di galassie stimate nel nostro universo che, ci hanno detto, continua anche a espandersi.

Proprio perché siamo umani non ci accontentiamo di esplorare il nostro universo, dobbiamo varcarne i confini, andare avanti e immergerci nelle dimensioni altre, le dimensioni parallele, gli ipotizzati multiversi, gli universi coesistenti fuori dal nostro spaziotempo per spingerci là, dove la fisica diventa filosofia, religione, essenza, divinità o Natura.

Dov’è finita adesso la nostra Terra? È scomparsa. Si è persa per sempre e di lei è rimasto solo un granello di polvere che non possiamo vedere tanto è piccolo. Sì, di povere, solo polvere invisibile e abbandonata. Fluttua nel buio del niente, meno di un canottino alla deriva nell’oceano.

Non c’è un altro pianeta che possa accoglierci, una terra promessa, un’isola che compaia all’orizzonte o un sasso che possa ospitarci. Niente, siamo soli, proprio soli sulla nostra piccola, bella e luminosa zattera blu e verde, un caso, un’eccezione o un errore della natura. Oltre, niente è ospitale per noi, è tutto vento cosmico, paesaggi brulli e radiazioni. Perché dunque sporcarla? Saccheggiarla? Distruggerla? Per bramosia di che cosa?

Dunque, dittatore di turno, arraffatore seriale e irragionevole, di fronte a tanta grandezza e a tanta pochezza, quale storia vorresti scrivere? Chi sei tu, in fondo? Chi dovrebbe essere interessato a leggere del tuo brigare per accaparrarti un micron di polvere in più? Non lo sai che la storia scrive quasi esclusivamente di assassini sanguinari? Che ne amplifica le gesta, indorando là dove non c’è niente da indorare. È insieme a loro che vorresti comparire? Sei sicuro? Ma soprattutto sei sicuro di essere davvero un grande? Non è che il tuo è solo il ruggito planetario della formica.

E il mio scrivere? Non è altro che il graffio di un pennino su un foglio di carta. Ma io lo so.