Il ritorno alla barbarie, la coazione a ripetere

Da giorni ormai siamo bombardati dalle orribili notizie che ci giungono dal teatro di guerra. Un evento che nessuno di noi avrebbe mai immaginato possibile. Lunghissimi dibattiti in tv si susseguono, ci documentano e tentano di spiegare e motivare l’inspiegabile e l’immotivabile, se non per il banalissimo sfrenato desiderio di potere, di conquista e di sottomissione dell’altro che, guarda caso, è sempre il più debole.

Frotte di esperti, corrispondenti, giornalisti, politici e opinionisti si alternano, parlano e ci illuminano. Tra questi, alcune sere fa, diversi commentatori hanno sostenuto che se Trump fosse stato ancora il presidente degli Stati Uniti, Putin non avrebbe avuto il coraggio di invadere l’Ucraina. Tutti i presenti ne hanno convenuto. Trump, con il suo modo di essere, forse, e sottolineo il forse, sarebbe stato il giusto deterrente temporaneo per Putin. Temporaneo, perché prima o poi Putin avrebbe portato a compimento il suo piano, con le modalità che sono scritte nel suo DNA.

Anch’io ovviamente per un attimo ho condiviso quell’idea, poi mi sono bloccato subito perché mi sono reso conto di essere stato ancora una volta vittima della spinta psicologica e istintuale atavica del genere umano: delegare, affidarsi all’uomo forte, a colui che protegge, leva le castagne dal fuoco e risolve tutti i problemi. Il capo, il potente, per il senso di forza che trasmette, da sempre affascina uomini e donne. Con quel padre ci identifichiamo, a quel padre ci affidiamo. Un modo di pensare, il nostro, di cui non ci rendiamo conto, ma che dà il senso della nostra immaturità e della difficoltà che proviamo nell’affrontare la vita, che ci spinge a seguire un capobranco che, se feroce, non si accontenterà di marcare il proprio territorio e vivere in tranquillità, ma aggredirà, ucciderà e invaderà territori altrui.

Ma chi ci avrebbe difeso poi da Trump? Tutti abbiamo visto negli anni della sua presidenza e con l’assalto finale a Capitol Hill, come ha governato e che cosa è stato capace di fare. Trump ci difende da Putin ma noi, la gente comune, poi dobbiamo fare i conti con Trump e con Putin insieme (e con tutti gli altri prepotenti che stanno prolificando sulla nostra povera martoriata Terra). Il guaio è che è difficilissimo liberarsi in seguito dai prepotenti perché soccombono solo se completamente annientati.

Ogniqualvolta ci affidiamo a un capo, che non sia davvero equilibrato/illuminato, percorriamo inconsapevolmente un cammino a ritroso verso la nostra emancipazione e torniamo alla barbarie.

Dunque non ci rimane che metterci in gioco in prima persona e affidarci alla modestissima democrazia che, beninteso, è fragile, titubante, piena di compromessi e di difficoltà, ma è l’unica strada percorribile. È solo attraverso il dialogare continuo, il mediare e l’ascoltare le voci di tutti, anche delle frange più estreme, quelle più lontane da noi, che riusciremo a progredire.

Permettetemi un’immagine un po’ singolare: la democrazia è come un’enorme camera, dove tutti i letti sono disposti a raggiera dalla parte dei piedi. Un’unica coperta, di forma toroidale (una caramella con il buco, per intenderci) deve coprire tutti. Solo che il buco è più grande del dovuto e non copre tutti e poi c’è chi ha freddo ai piedi e chi invece ha caldo. Chi vuol coprirsi le spalle e chi no, chi ama dormire con i piedi al caldo e le orecchie coperte e chi non ha bisogno della coperta perché non ha mai freddo. Insomma è tutto un tirare da una parte e dall’altra, coprire e scoprire. Dormire (vivere) in un simile contesto è difficile. Ci vorrebbe una figura di polso in grado di mettere ordine. Ecco che si sceglie una persona che, con la fermezza, ci consentirà di limitare le intemperanze di qualcuno e di dormire più sereni. Solo che il guardiano si comporta come il sorvegliante di un collegio dell’800, sta in mezzo al buco, decide l’ora in cui tutti devono dormire e svegliarsi, non permette a nessuno di alzarsi nemmeno per andare in bagno e, al primo movimento, mena vergate a destra e a manca. E picchia anche quelli che involontariamente si muovono nel sonno. Il risultato è che non solo si continua a non dormire, ma non si può nemmeno protestare perché fioccano le legnate. Diventa quindi indispensabile liberarsi del sorvegliante.

E veniamo ai fatti di casa nostra e alla nostra faticosissima democrazia. Tentiamo di elevarci ancora un po’ e andiamo a esplorare sentieri esplorati per caso, con l’obiettivo di migliorare il nostro modo di essere democratici. Cosa che, senza rendercene conto, stiamo facendo. Ritengo che uno dei motivi della nostra ripresa economica sia legata alla pace sociale, che deriva direttamente dalla pace politica. Dopo anni di litigi furibondi, finalmente, tutti intorno al tavolo si discute e si programma il futuro. Sorvolo per ragioni di buongusto sul fatto che siano tutti a tavola a spartirsi la torta dei quattrini che arrivano da Bruxelles. L’esperimento però funziona; in una famiglia dove i genitori sono tranquilli, collaborano e si aiutano, anche i figli vivono tranquilli e tutti danno il meglio di sé. Banale ma vero. Perché ritengo che in una nazione moderna non sia possibile governare con azioni tutte di destra o tutte di sinistra. In quella maledetta camera, con quella maledetta coperta toroidale che non accontenta nessuno, bisogna fare in modo che nessuno tiri troppo a sé. Intravedere una democrazia nuova, libera da ideologie assolute, dove i contrapposti siedono uno a fianco dell’altro forse è il modo di vedere oltre. E magari, con il tempo, il buco centrale della coperta potrà anche restringersi.

Il mio scrivere? Tranquilli, è sempre solo il graffio di un pennino su un foglio di carta. Lo so.